Masaniello
Tommaso Aniello D’Amalfi, detto Masaniello, nacque a Napoli il 29 giugno del 1620. Figlio di un pescivendolo, Francesco D’Amalfi, e di una massaia, Antonia Gargani, serviva nobili e borghesia tra soprusi ed abusi, nell’affollato mercato del pesce di Napoli, centro nevralgico della città, che al tempo era una delle più popolose dell’Impero Spagnolo. Masaniello inoltre si dedicava anche al piccolo contrabbando, attività che si consolidò nel 1646, con l’aiuto della moglie, Bernardina Pisa, sposata nel 1641, scaltra ed intraprendente tanto che aveva trovato il sistema per ingannare i gabellieri di porta Capuana nascondendo il sacchetto con la farina comprata dai contadini sotto uno scialle come se si trattasse di un bambino appena nato.
Le prime volte andò bene, ma un brutto giorno una guardia si accorse del trucco e la condusse in carcere. Masaniello cercò di liberare la consorte in ogni modo, ma i suoi tentativi andarono a vuoto.
Per liberare la prigioniera occorreva pagare una cauzione di 100 scudi, una somma che assolutamente non era alla portata loro, così Masaniello pensò di far ricorso ad un certo Giulio Genoino, (Cava de’ Tirreni, 1567 – Mahón, 1648), giurista e presbitero, attivo come agitatore politico già dal 1619, che scampato alla morte e all’ergastolo, liberato dopo 25 anni dalle catene, si era ritirato in convento. I due diventarono amici e cominciarono a parlare di libertà e di eguaglianza sociale.
Il 7 luglio del 1647 mentre Masaniello era a capo di alcuni ragazzi appartenenti alla compagnia di Alabardi, riuniti in piazza Mercato per festeggiare, in una battaglia simbolica, la vittoria contro i Turchi, i bottegai si rifiutarono di pagare la gabella sulla frutta imposta dagli spagnoli e ne nacquero dei tafferugli. Masaniello insieme all’amico, mentore e consigliere Giulio Genoino, guidò i rivoltosi ed insieme ad altri capi popolani invasero la Reggia, forzarono le carceri e distrussero gli uffici daziari. L’ira popolare si abbattè contro nobili e borghesi e molti palazzi furono dati alle fiamme. Il duca D’Arcos Rodrigo Ponce de Leon riuscì a salvarsi miracolosamente e si rifugiò nel Convento di San Luigi da cui fece recapitare all’Arcivescovo di Napoli un messaggio nel quale prometteva l’abolizione di tutte le imposte gravose. Il 10 luglio il Viceré dovette riconoscere Masaniello “capitan generale del fedelissimo popolo napoletano”. Inebriato dal potere Masaniello cominciò ad ordinare provvedimenti ed esecuzioni arbitrarie tanto da farsi diversi nemici. Il 16 luglio, a nove giorni dall’insurrezione, Masaniello venne catturato e decapitato. Il giorno dopo alcuni popolani tumularono i suoi resti con gli onori militari dovuti ad un generale nella Chiesa del Carmine. Ma la rivoluzione non finì con la sua morte, durò fino ad agosto, ed alla fine venne dichiarata La Repubblica Napoletana, subito riconosciuta dalla Francia.
Una lapide ed una statua nella Chiesa del Carmine ed una piazzetta nei pressi di Piazza Mercato a Napoli ricordano Masaniello, uomo dal grande coraggio che sosteneva fortemente gli ideali di libertà ed eguaglianza sociale.